Sdraiato sulla schiena sobbalzava, sgambettava senza spostarsi. Si stava spazientendo. Sebbene si sfiancasse, stava saldo sullo stesso spazio.
– Salvatemi! – strillò. – Sbrigatevi!
Sua sorella seduta sulla sedia stava suonando. Si svagava sorridente, spensierata; smise subito sentendosi supplicare. Si sollevò, si spostò, si stoppò spaventata sulla soglia.
– Soffochi? Sanguini?
– Sorellina, – Samsa si svegliò, – sto sognando?
– Sbagliato.
– Sembro sempre… strano?
– Semplicemente susciti schifo, – spiegava sua sorella, – sei stomachevole.
– Sei stata scortese, – Samsa sospirava, – sono state scritte soltanto stupidaggini sugli scarafaggi. Siamo sensibili, sai? Sì, soprattutto se siamo schiacciati. Soffriamo sul serio.
– Scusi, signore, – sua sorella sogghignava. – Siccome sono stupida, spesso sottovaluto simili sentimenti.
– Sparisci, strega! – Samsa sconsolato sarebbe salito sul soffitto; si sarebbe scheletrito, sarebbe scappato sfruttando spiragli stretti sullo spigolo sinistro. – Sloggia, sgualdrina senza scrupoli!
– Sei spassoso, – sua sorella sghignazzava. – Saresti simpaticissimo spiaccicato sulla strada, spappolato.
– Smettila!
– Suvvia, scherzavo.
– Sicura?
– Sdrammatizzare serve, sennò scoppiamo.
– Senti, – sussurrò Samsa speranzoso, – steso supino sto scomodo.
– Seppure sgradevole, – sentenziò sua sorella soccorrendolo, sistemandolo, – sarai sempre straordinario.
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